Se per la carrozzeria della futura DS il lavoro procedeva spedito, così non era per lo stile interno dove Flaminio Bertoni trovava maggior difficoltà nell’impostare un progetto coerente con la linea esterna: mancavano pochi mesi alla data del lancio e la futura ammiraglia non aveva ancora un cruscotto. La Dirigenza di Citroën decise allora di affidare ad uno stilista esterno all’azienda il compito di modellare la plancia di bordo della VGD: della cosa fu incaricato (non a caso) tale Robert Michel, professore di design alla prestigiosa scuola delle arti e mestieri Boulle di Parigi. Il luogo scelto per la presentazione della plancia disegnata da Robert Michel fu il Centro Stile di Bertoni in rue du Théâtre. Quel giorno ad attendere Michel c’erano Pierre Bercot, André Lefebvre e Jean Cadiou, allora alla guida del Centro Studi della Marca. Oltre, ovviamente, a Flaminio Bertoni.

Robert Michel presentò un progetto estremamente classico, del tutto in linea con i cruscotti che corredavano le auto prodotte alla metà degli anni ’50. Fu allora che Bertoni spiazzò tutti con un teatrale colpo di scena: prima che qualcuno potesse commentare l’opera di Michel, Flaminio Bertoni disse “Aspettate! Ho qualcosa da mostrarvi” ed estrasse da una borsa un oggetto bellissimo, realizzato in due colori: blu e prugna, fatto di curve e linee tese, perfettamente integrate a quelle, spettacolari, della carrozzeria della futura DS. 

Ovviamente la proposta dell’italiano fu accettata all’unanimità e la costruzione di questo componente fu affidata ad una ditta in Provenza, specializzata nelle materie plastiche. Perché si trattava di nylon! La plancia della DS, lunga un metro e mezzo e pesante meno di 750 grammi era il più grande oggetto industriale in nylon, stampato in un solo pezzo. Rispondeva così a due fondamentali esigenze: essere sicura (collassabile in caso d’urto perché più fragile delle parti del corpo umano con cui entrava in contatto) e leggera.

André Lefebvre, padre della DS19, da buon ingegnere aeronautico, odiava il peso: “la DS deve essere leggera ed aerodinamica”, ecco che la plancia dell’italiano era quel che ci voleva.

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