SM

Frutto del progetto S come Sport unito alla lettera M come Maserati, la coupé SM al momento della sua nascita era senza dubbio l’automobile tecnologicamente più avanzata del suo tempo.

Nata per affiancare alla DS un’automobile sportiva in grado di competere con le piccole coupé di scuola tedesca o le lussuose berlinette italiane, SM rappresentò qualcosa di totalmente nuovo nel panorama automobilistico degli anni ’70, la “sportiva” SM non somigliava in nulla alle vetture ad alte prestazioni della concorrenza: era grande, con i suoi cinque metri di lunghezza, larga e bassa; era una coupé, con due grandi portiere che semplificavano l’accesso ad un abitacolo modernissimo e raffinato, con pregiati rivestimenti in cuoio o morbido velluto (in opzione, in ski traforato), due grandi sedili anteriori, avvolgenti e perfettamente profilati, due poltrone posteriori separate da un largo bracciolo retrattile.

Climatizzata e dotata di ogni possibile accessorio su un cruscotto dove il motivo dell’ellisse dominava sulla grafica della completa strumentazione: come ellittico era il piccolo volante che comandava il sofisticatissimo Di.Ra.Vi.: il sistema di sterzo a ritorno assistito che equipaggiava la SM. Il nuovo sistema di guida spostava in alto l’astina della sicurezza a livelli mai visti prima, facendo della SM non solo una grande coupé capace di viaggiare a oltre 200 km/h in totale sicurezza, ma anche l’auto più innovativa del suo tempo, un salto in avanti paragonabile a quello compiuto con il lancio della DS quindici anni prima.
Dopo sei anni di progettazione, grazie al lavoro sullo stile effettuato da Robert Opron, allievo di Flaminio Bertoni, alla messa a punto di Jacques Né e del suo team, alle geniali intuizioni di Paul Magès, nel rispetto dei precetti di André Lefebvre, l’ingegnere che aveva concepito la Traction, la 2CV e la DS, nel marzo del 1970 al Salone dell’Auto di Ginevra, Citroën stupiva ancora il mondo con la sua nuova SM.

Lo stand era spaziale quanto il prodotto che presentava: grandi disegni psichedelici dominavano una piattaforma rotante circolare su cui troneggiava una SM bianca, altre SM erano a disposizione del pubblico che aveva la possibilità di toccarne con mano la qualità costruttiva.
Nonostante un prezzo di vendita proporzionale alla tecnologia ed alla qualità della nuova auto, pressoché doppio rispetto a quello delle berline della gamma D e paragonabile a quello delle versioni Cabriolet allestite da Chapron, il successo fu immediato e la lista delle prenotazioni raccolte al Salone di Ginevra, pur senza raggiungere i volumi di quelle di DS e 2CV al momento del loro lancio era quantomeno incoraggiante, con tempi d’attesa che raggiungevano i 10/12 mesi.
Del resto, la fabbrica modenese di Maserati, dove venivano prodotti pressoché artigianalmente i bei V6 che animavano la SM, non poteva certo fare miracoli ed i motori arrivavano a Parigi col contagocce, verificati uno ad uno con lunghi test al banco dinamometrico per controllarne prestazioni e regolazioni.
Fu l’auto di attori famosi, come il francese Alain Delon o l’americano Burt Reynolds, di giocatori di calcio e sportivi in genere, di capi di Stato (persino Leonid Breznev ne volle una!), di sceicchi e primi ministri. Ma anche di capitani d’industria e di tutti coloro che rinunciavano volentieri all’autista per il gusto di guidare la propria SM.
Sua Maestà attraversò felicemente la prima metà degli anni ’70 con incoraggianti dati di vendita in Europa, pur senza sfondare nel mercato che più di tutti avrebbe dovuto apprezzarla, ovvero quello nordamericano (la versione appositamente realizzata per gli USA, con motore portato a tre litri, alimentato da tre carburatori ed accoppiato ad un cambio automatico Borg-Warner, non riscosse il successo che meritava).

Con il sopraggiungere della crisi petrolifera (e di quella economica) nella seconda metà del ’73, la curva delle vendite iniziò a flettere verso il basso, l’introduzione dei limiti di velocità sulle autostrade europee avvenuta progressivamente dal ’74 fu poi il colpo finale sia per la SM che per la DS e la parola fine arrivò per entrambe il 24 aprile del 1975.
Molte SM furono tuttavia assemblate ancora nello stesso anno presso gli stabilimenti della Ligier e da Chausson, che si occupava anche del montaggio degli impianti di climatizzazione. Prodotta in 13.000 esemplari, paradossalmente, l’ultimo lotto di 2.500 SM fu venduto pressoché in blocco negli USA.