DS

Era una tipica giornata d’autunno quella del 6 ottobre 1955 ed il mondo sapeva che quel giorno sarebbe nata una nuova, incredibile autovettura: i giornali del mattino lo annunciavano in prima pagina mentre il passaparola correva di bocca in bocca e quindi non deve stupire ciò che avvenne intorno alle otto e trenta, quando i cancelli del Grand Palais si aprirono sulla quarantaduesima edizione del celebre Salone dell’Auto di Parigi. La folla si riversò compatta dentro all’elegante palazzo delle esposizioni, puntando dritto allo stand Citroën e assiepandosi attorno alla ringhiera bianca che circondava la vedette assoluta del Salone.
Tra scoop giornalistici e falsi annunci, erano almeno cinque anni che il mondo aspettava l’erede della Traction Avant e quel 6 ottobre del ‘55 lei, la Dea delle automobili, era finalmente lì, visibile a tutti.

Ma quello che i visitatori del Salone si trovarono davanti, superò di molto la loro la fantasia: in un mondo di auto grigie, nere o blu, la DS19 si presentò al mondo abbigliata in un rutilante verde mela con tetto bianco, piuttosto che giallo champagne e tetto melanzana. Le ruote azzurre, o rosso mattone, gli interni verdi, caramello o lilla!
Per non parlare della linea: incredibile, mai vista, come arrivata da un altro pianeta. Il profilo della DS era opera dello stilista italiano Flaminio Bertoni, varesino, assunto nei primi anni ‘30 personalmente da André Citroën che ne riconobbe immediatamente il genio.

Il pubblico ebbe appena il tempo di riprendersi dallo shock: nei primi quarantacinque minuti il personale dello stand Citroën, preso d’assedio dagli aspiranti acquirenti, siglò ben 749 contratti di vendita, che divennero 12.000 alla fine del primo giorno e quasi 80.000 al termine del Salone.
DS fu l’auto dei capi di stato (salvò la vita al generale De Gaulle nell’attentato di Petit-Clamart) e degli attori del cinema ma anche di intellettuali e – perfino – dei figli dei fiori, la gamma delle “D” fu generosa in motorizzazioni ed allestimenti: dalle prime DS19 si arriverà alla DS23 ad iniezione elettronica passando per le prestanti “21” e le capientissime Break, Familiale e Commerciale.

Non mancò l’auto medica con tanto di barella a bordo e l’affascinante Décapotable sia in versione “usine” che “Chapron” dal nome del celebre carrozziere autore di molte cabriolet ed esemplari pressoché unici e dal fascino barocco per i suoi facoltosi clienti. Oltre a DS, sigla che – alla francese – fa tutto un’altro effetto, si pronuncia déesse (dea), furono commercializzate le ID (idea) e le D (Super e Spécial). Nel 1957, DS, esposta alla Triennale di Milano fu insignita del “diploma di gran merito” come opera d’arte industriale; anche nelle vesti di sportiva (rigorosamente originale) vanta un palmarès di tutto rispetto con vittorie nelle competizioni più dure come la Londra-Sidney, l’East African Safari e la Critérium Neige et Glace.

Pure leggendolo con gli occhi di oggi, l’exploit della DS19 fu un incredibile successo che durò per vent’anni, fino al 1975, quando la psicosi collettiva dovuta alla congiuntura tra crisi economica e crisi petrolifera determinarono la fine di molte auto di lusso e di grossa cilindrata, inclusa la stessa DS la cui produzione terminò ufficialmente il 24 aprile, dopo circa un milione e mezzo di esemplari venduti.