AMI (6, 8 e SUPER)

Nell’aprile del 1961 Citroën stupì (una volta ancora) il mondo intero presentando la sua interpretazione della vettura media da famiglia: l’AMI 6, frutto del lavoro del designer italiano Flaminio Bertoni, già autore della linea della Traction Avant, della DS19 e di 2CV.

La linea dell’AMI 6 era una totale rottura con i modelli precedenti: Bertoni era riuscito a creare una comoda berlina a quattro posti e tre volumi, con un grande vano bagagli di 350 litri in meno di quattro metri di lunghezza totale, utilizzando in gran parte la collaudata meccanica della 2CV ed un motore di 602c³ di cilindrata che permetteva di viaggiare in tutto comfort sul filo dei cento all’ora. C’era riuscito adottando un astuto lunotto posteriore ad inclinazione invertita, che lasciava spazio, in basso, per il cofano bagagli ed in alto per la testa dei passeggeri. Era nata la “linea a Z”. L’AMI 6 fu un successo e risultò per due anni l’auto più venduta di Francia, le nervature delle lamiere le conferivano un carattere inconfondibile, permettendo allo stesso tempo di risparmiare peso a tutto vantaggio di consumi e prestazioni. L’arrivo nel ‘64 della versione giardinetta, denominata “Break”, che aggiungeva un comodo portellone posteriore capace di accogliere carichi anche molto ingombranti, sancì il successo della famiglia delle AMI Citroën.

Robert Opron fu scelto quale suo assistente direttamente da Flaminio Bertoni. Opron veniva dalla Simca ed avrebbe dato a Citroën quattro vetture: GS, SM, CX e VISA, di cui curò lo stile delle prime versioni. Dopo la scomparsa di Bertoni avvenuta improvvisamente nel 1964, Opron si trovò tra le mani il difficile incarico di ristilizzare l’AMI 6 la cui produzione avrebbe dovuto proseguire almeno per altri dieci anni, in attesa di lanciare un modello totalmente nuovo (che sarà poi la VISA).
Così, avvalendosi di nuove tecnologie di stampaggio delle lamiere e utilizzando i nuovi strumenti informatici di cui fu dotato il Centro Stile Citroën, Opron “semplificò” la linea dell’AMI 6, eliminando certe ricercatezze quali i bordi del cofano e dei parafanghi anteriori, cambiando la berlina in una “fastback” (pur mantenendo inalterata la parte posteriore della Break) e ridisegnando completamente gli interni ed il frontale.
Nacque così una vettura sostanzialmente nuova, che dell’AMI 6 manteneva il concetto generale ma che aveva una meccanica rinnovata (già nelle ultime AMI6 del ‘68) e pronta ad affrontare un nuovo decennio.

L’AMI 8 fece il suo debutto ufficiale al Salone dell’Auto di Ginevra nel marzo del ‘69, divertente claim del lancio: che c’è di 8? Ma l’AMI 8, ça va sans dire! Il successo fu immediato e duraturo: la nuova linea e la plancia totalmente rinnovata, in parte ispirata a quella della Dyane (aeratori e cruscotto) e che in parte anticipava la nuova GS, presentata l’anno successivo (maniglie ed alcuni comandi secondari) piacquero al grande pubblico. La nuova “8” portò la produzione della famiglia delle AMI oltre la soglia del milione e mezzo di pezzi per attestarsi intorno ad un milione e ottocentocinquantamila alla fine della produzione, avvenuta nel 1978 per la berlina e l’anno successivo per la Break.
Una menzione particolare la merita la versione più potente delle AMI: la Super, dotata di motore a 4 cilindri boxer di un litro di cilindrata che lanciava la vettura intorno ai 150 km/h di velocità massima, con consumi relativamente ridotti grazie alla massa leggera dell’insieme.
L’AMI Super, come l’AMI 8, fu prodotta nelle versioni Berlina, Break e “Service” ovvero una Break a due porte disponibile sia chiusa che vetrata, pensata come veicolo commerciale leggero.

L’arrivo della VISA, derivata da un progetto curato dallo stesso Robert Opron, determinò la fine della produzione dell’AMI 8 (la Super, lanciata nel 1973, era durata tre anni), negli anni le vetture erano uscite dalle catene di montaggio di Rennes in Bretagna, Vigo in Spagna (dove si chiamava semplicemente Citroën 8) e persino a Buenos Aires, dove venivano assemblati gli esemplari destinati all’America Latina.